Questo articolo prende spunto da un’intervista realizzata da Monitorimmobiliare a Davide Bertolli, dello studio Bertolli & Associati di Milano, avente come tema gli immobili di proprietà degli enti religiosi.
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Tipologia di immobili
In Italia sono censiti circa 65.000 immobili appartenenti agli enti religiosi, la gran parte dei quali riveste importante valore storico e culturale.
Altra peculiarità è costituita dal fatto che molti di questi immobili sono stati realizzati per assolvere a funzioni specifiche, basti pensare agli oratori, ai luoghi di culto, alle case di cura o agli ospizi.
Perché è necessario metterli a reddito?
Trattandosi in larga misura di immobili di grandi dimensioni e dotati di finiture preziose, i costi per la loro gestione e manutenzione sono molto onerosi. A questo si aggiungono le imposte comunali come l’IMU per la quale sono esenti solamente gli edifici di culto.
Vi sono anche molti casi nei quali sono venute meno le funzioni per le quali certi edifici furono all’epoca costruiti od acquistati.
Per queste ragioni è necessario che questi immobili producano reddito per gli enti proprietari e non siano più solamente un costo.
Come procedere?
Ovviamente non c’è una soluzione unica adattabile a tutte le situazioni. Ci sono immobili che il diritto canoninco definisce come “patrimonio stabile”, fanno cioè parte indissolubile della storia e della missione principale dell’ente religioso. In questo caso è impensabile la loro vendita a terzi, ma si tratterà per lo più di darli in gestione a strutture qualificate che sappiano ottimizzare il rapporto tra costi e benefici.
In alcuni casi potranno gli stessi enti religiosi che potranno perfezioonare la gestione dei complessi immobiliari, coadiuvati da consulenti esterni.
Gli immobili privi di interesse storico o identificativi per l’ente proprietario, potranno essere alienati, locati nello stato di fatto, oppure orientati verso un cambio di destinazione d’uso, da valutare caso per caso.